Dove finisce la plastica che buttiamo?

Se negli anni la plastica è diventata uno dei materiali più utilizzati al mondo per costi, praticità e per il concetto di “usa e getta”, su cui attualmente si fa più attenzione, oggi è uno degli argomenti più discussi riguardo le tematiche ambientali.

Il risparmio sui costi infatti ha portato gravi conseguenze per tutti gli ecosistemi e nel tempo ci si è resi conto di quanto questo materiale fosse dannoso. Soltanto il 10% della produzione mondiale viene riciclata, inoltre nel processo di riciclo perde qualità e valore per cui, una volta recuperata, trova poco mercato.

Una buona percentuale di plastica viene invece sottoposta a recupero energetico attraverso i termovalorizzatori per produrre energia elettrica e calore ma, anche in questo caso, l’argomento è molto discusso per gli effetti inquinanti che ne conseguono.

Alla luce di tutto ciò, l’argomento plastica risulta molto dibattuto anche a livello di norme europee e globali. Il Decreto legislativo n.196 dell’8 novembre 2021 per l’attuazione in Italia della direttiva (UE) 2019/904 – direttiva SUP (Single-Use Plastic) sulle plastiche monouso – disciplina misure volte a prevenire e ridurre l’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente. Particolare attenzione viene data all’ambiente acquatico e alla salute umana e tale decreto, inoltre, promuove la transizione verso un’economia circolare con modelli imprenditoriali, prodotti e materiali sostenibili, contribuendo in tal modo alla riduzione della produzione di rifiuti, al corretto funzionamento del mercato e alla spinta di comportamenti responsabili rispetto alla corretta gestione dei rifiuti di plastica.

La plastica oggi è quindi un tema su cui ci ritroviamo a parlare frequentemente, una delle domande ricorsive difatti è: “Dove va a finire la plastica che buttiamo?” 

In particolare, spesso ci si riferisce a quella dispersa (brutalmente) nell’ambiente, ma anche a quei prodotti che si cerca di riciclare. 

Purtroppo, dati alla mano, la plastica galleggiante onnipresente nei mari è solo una minuscola frazione di quella che gettiamo: si stima che soltanto 250.000 di 4-12 milioni di tonnellate di plastica che ogni anno si riversano negli oceani affiorino in superficie: di tutto il resto si perde traccia. Dagli studi del della European Geosciences Union, è emerso che raggi UV e azione microbica degradano la plastica e che man mano che i frammenti sono spinti verso il fondale, diventa più difficile tracciarli. 

Praticamente il mare può avere montagne invisibili di plastica, delle vere e proprie discariche sommerse. Inoltre, una serie di studi condotti nell’estate 2018 sul Ghiacciaio dei Forni nel Parco Nazionale dello Stelvio dall’Università degli Studi di Milano e dell’Università di Milano-Bicocca, ha riscontrato una grande quantità di microplastiche sul ghiacciaio alpino: da 28 a 74 particelle per ogni chilogrammo di sedimenti analizzati, una quantità paragonabile a quella rilevata nei sedimenti marini costieri europei.

Pare che milioni di frammenti di plastica intrappolati nella lingua del ghiacciaio siano stati portati dall’inquinamento diretto degli escursionisti (ad esempio dall’usura dell’abbigliamento e delle scarpe) o trasportate da masse d’aria di non chiara localizzazione.

Sulla questione del riciclaggio invece sono state indette alcune normative che ne regolano l’esportazione: dal 1° gennaio 2021, non si può più esportare rifiuti plastici generici ma solo rifiuti di plastica pulita, ovvero già pronti al trattamento di riciclo. Questo perché in passato il riciclaggio della plastica veniva svolto all’estero, in particolare in paesi in via di sviluppo con norme più permissive, in modo da risparmiare e ovviare i controlli. 

Che ruolo possono avere allora le discariche?

Le realtà come Ferro e Metalli SNC, discariche legali attente alla questione ambientale dove finisce oltre il 50% dei rifiuti provenienti dalla plastica, occupano un posto importante all’interno del dibattito. Se ci avviamo verso un mondo totalmente Plastic Free, l’iter può essere dapprima il riciclaggio e poi la riduzione pesante, soprattutto laddove non necessaria. 

Questo però può soltanto avvenire attraverso politiche di coinvolgimento comune da parte delle amministrazioni per i produttori di plastica, aziende di gestione dei rifiuti e consumatori, insieme all’incentivazione delle tecnologie di riciclaggio che hanno un ruolo fondamentale per salvare il nostro pianeta.

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